APOGEE CENTAUR MINOR
NOVEMBRE 2020
Pubblico il testo integrale della recensione di questi meravigliosi diffusori, scritta magistralmente dall'amico Enrico, la quale e' anche stata pubblicata sul numero di suono di questo mese (allego anche copia della relative pagine) in cui mi cita incensandomi un tantino troppo, ma ne sono lusingato.
Si tratta di un marchio storico che e' nel gotha dei diffusori planari o ibridi a cui appartengono nomi come Magneplanar, Audiostatic, Martin Logan, Final, Infinity per citarne alcuni. un modo di ascoltare la musica diverso dai diffusori convenzionali, qui scena, ambienza, profondita' ed immagine musicale assumono le dimensioni di un vero palcoscenico.
Lascio la parola al buon Enrico, esperto conoscitore musicale dal sopraffino senso critico.
La recensione dell'amico Enrico:
Risulta molto facile parlare di vintage nella contemporaneità dei nostri giorni.
Questa facilità da dove arriva? Arriva dalla conoscenza empirica. Nulla di cosi
significativo è cambiato o è stato inventato negli ultimi vent’anni nel nostro
amato mondo dell’alta fedeltà. Sicuramente i grandi sistemi del passato,
remoto e prossimo, restano il riferimento. Quando ascoltiamo, se ci riferiamo
alla qualità di riproduzione, niente di disruptive ha cambiato le nostre
percezioni. Il termine sopra citato non è facilmente traducibile in italiano.
Non lo è proprio perché non esiste nella lingua italiana un tale sillogismo. Al
limite possiamo parlare di innovazione distruttiva, ma l’accezione che a
primo impatto queste due parole trasmettono non è positiva.
La premessa sopra serve a spiegare che l’opera ingegnosa dei grandi pionieri dell’alta fedeltà, annoverati nei nostri personali pantheon, non ha poi avuto troppo seguito o, per contro, seguìto l’evolversi della micro elettronica applicata.
Gli esempi più concreti sono riferiti a quella che un tempo veniva chiamata
informatica o alla telefonia mobile: evoluzioni e progressi epocali che hanno
cambiato la nostra vita con una diversa e migliorata fruizione degli oggetti
materiali. Steve Jobs la chiamava esperienza. Negli anni ho avuto modo di
poter provare diverse tipologie di diffusori con svariate tecnologie applicate.
Non avevo mai avuto la possibilità di testare un diffusore con tecnologia
ribbon estesa in maniera verticale. Scrivo verticale perché la lunghezza di
questo filamento metallico è di 26 pollici.
Le Apogee Centaur Minor mi sono
capitate sotto mano per pura “serendipità”: cercavo infatti diffusori
progettati dal compianto Peter Snell o qualche altro modello storico pre
globalizzazione e mi sono imbattuto in un annuncio molto allettante.
Dopo qualche consultazione con amici audiofili, tra cui Carlo Fabrizio Cardillo, uno dei massimi esperti di hi-end in Italia, il quale mi ha garantito la qualità di questi diffusori, ho avuto anche il via libera certificato da Paolo Corciulo. Il
direttore di SUONO mi ha infatti rassicurato sulla qualità di questo marchio
ormai non più presente sul mercato e mi ha ricordato che uno dei diffusori,
utilizzati nella redazione anni or sono per benchmark, è stato proprio un
modello reference di Apogee. La richiesta del venditore era di 500 euro.
Ascoltato il diffusore, trattato il prezzo a 350 euro, valutato ed alla fine
acquistato nonostante alcuni limiti nella condizione estetica che i quasi
trent’anni di età hanno segnato.
Design, caratteristiche e storia: le Apogee Centaur Minor sono state
concepite, sviluppate e rilasciate negli Stati Uniti d'America nei primi anni
novanta. In Italia il prezzo di listino nel 1994 era di 3.360.000 lire la coppia.
Non proprio un entry level. Le dimensioni dei diffusori sono 33 cm di
lunghezza, 87,5 cm di altezza e 12,5 cm di profondità per un peso totale di
64 kg. La configurazione è a due vie ibrida. La sezione medio/alta utilizza un
ribbon dipolo in alluminio/kapton suddiviso in 6 parti per una lunghezza di
26 pollici. La sezione bassa è composta da un woofer da 16,5 cm con
sospensione in gomma posizionato centralmente e parallelamente al nastro.
La sensibilità a 3 mt è di 85 dB e la risposta in frequenza va da 40 Hz (3 dB)
— 20 kHz con un’impedenza di 4-6 ohm. La frequenza del crossover è di 800
Hz. Il materiale di cui il diffusore è composto è l’MDF ed è coperto da un
adesivo laccato. Qualora un giorno i nastri dovessero abbandonarmi, causa
logorio del tempo, mi dovrò affidare ad un australiano, un certo Graeme
“Graz” Keet, che detiene oggi il know-how, le spare parts e i macchinari per
produrre e ripararli. L’Apogee Acoustics Incorporated nata a Boston, nello
stato del Massachusetts, è stata fondata da Jason Bloom e Leo Spiegel.
Purtroppo ha chiuso i battenti a fine anni novanta. Il modello più
rappresentativo del brand, prodotto nei quasi trent’anni di operatività, fu
l’Apogee Grand: valutato “AAA” e descritto da Bebo Moroni come
“l'oggetto hi-fi più naturale e corrispondente alla realtà che abbia mai
ascoltato”. I due progettisti, con il loro contributo di filosofia progettuale, a
loro insaputa, probabilmente hanno ottemperato ad uno dei vari episteme
della parola apogeo ovvero “il punto culminante”.
Configurazione dell'impianto e disposizione: l’impianto da me predisposto
è composto da cavi di potenza Ricable Supreme Speaker, un integrato NAD
352, cavi di segnale RCA Sommer Cable Spirit XII, un dac Mydac
Micromega, un cavo usb WireWorld Chroma 8 e l’Apple Macbook con
Audirvana 3. La disposizione ideale dei diffusori dopo varie prove è di circa
40 cm dalla parete e di 3 mt l’uno dall’altro, angolati di circa 35°, al fine di
poter utilizzare il potere di riflessione sonora che questo nastro dipolo
esercita anche nella parte posteriore. Il punto d’ascolto a circa 3 mt davanti
ai diffusori in un salotto di 4,5 mt per 3,5 mt. Una stanza 4x4 mt rappresenta
la dimensione ottimale per avere il massimo dell’esperienza d’ascolto.
Sensazioni: fin da subito l’ascolto è equilibrato e propone una scena
spiazzante per coloro i quali provengono dal mondo dei diffusori isodinamici.
Con l’esperienza d’ascolto di un nastro cosi lungo, si vengono a creare
davanti all’ascoltatore dimensionalità e spazialità del palcoscenico molto
credibili. Si riesce facilmente a collocare ogni singolo strumento. Le voci e gli
aerofoni sono sempre davanti e mai sproporzionati. Questo equilibrio risulta
molto reale e ricrea fedelmente il messaggio sonoro. Immediatamente però
quello che risulta palese rispetto ai propri canoni di riferimento sonoro è la
sensazione di realtà che questa tipologia di diffusori riesce ad emettere.
Probabilmente grazie alle peculiarità dinamiche che riescono a sfoggiare. Se
può rendere l’idea, ci si trova ad avere la stessa precisione dell’ascolto che si
ha con le cuffie, ma proporzionata a due cuffie giganti. Un limite è però
rappresentato dalla posizione che obbligatoriamente l’ascoltatore deve
occupare: infatti per godere al meglio deve necessariamente collocarsi alla
punta del triangolo che si viene a ricreare tra i diffusori ed il punto d’ascolto.
Spostandosi anche di poco la messa a fuoco sonora sparisce ed il volume
sembra abbassarsi. La piacevolezza di riproduzione che hanno questi
diffusori, anche dopo ore ed ore di ascolto, è spiazzante. Quando si
ascoltano brani con percussioni si capisce come l’incrocio, tra il nastro ed il
woofer renda credibile il pellame. La chiarezza e la precisione della
grancassa, del charleston e del piatto ride ci ricordano che siamo dinnanzi ad
una riproduzione fedele come mai ascoltato prima. E del pianoforte che
dire? E’ il miglior pianoforte che abbia mai sentito. E’ proprio vero quello che
si legge in rete: il pianoforte riprodotto dai nastri Apogee sia annovera tra i
primi cinque diffusori mai costruiti.
Selezione dei brani: ho deciso di prendere in considerazione solamente
incisioni che a mio avviso reputo di qualità ALAC da 16 e 24 bit (da 44,1 kHz
fino a 192 kHz). Quoto, riscrivo, penso e concordo con un certo Mark
Levinson (intervista per SUONO settembre 2013) che non sia importante
avere più di 44,1 kHz: sono già abbastanza perché oltre quelle frequenze le
differenze risultano difficilmente percepibili dall’orecchio, ma sopratutto dal
mio cervello. "Il buon suono è un buon suono, il suono brutto è un suono
brutto e basta, anche se le persone sono molto confuse su questo
argomento. Ci sono due cose: quello che si sente e perché lo si sente.
Ognuno può dire quello che sente, ma spiegare il perché è un’altra
storia…”. Per contro il compianto Ken Ishiwata (intervista di Jacelyn Parry per
SUONO nel 2005) ha detto: “Non udiamo gli ultrasuoni e le stupende
complessità degli armonici ma li “sentiamo”! Le nostre capacità non ci
consentono di udire oltre i 20 kHz, ma percepirli è un’altra cosa. Queste
finezze percettive sono gli ingredienti migliori per dare una dimensione in
più all’esperienza dell’ascolto. Poiché io ho provato che quando si lavora su
un PCM esplorando frequenze superiori ai 500 kHz si sentono comunque dei
miglioramenti, sono assolutamente convinto che la frequenza di
campionamento debba essere molto più alta per godere appieno la bellezza
del suono in tutte le sue sfumature.” Detto ciò con molta umiltà mi permetto
di aggiungere e ribadire che una buona incisione è una buona incisione. Ma
sopratutto una brutta incisione anche con mille rimasterizzazioni non può
diventare una buona incisione. Questa discriminante è fondamentale per
testare al meglio un oggetto che deve riprodurre. Per questo test, quelle
scelte, sono le mie incisioni di riferimento: voci femminili e maschili, singoli
strumenti a fiato, a corda e brani d’insieme rock, blues, jazz e classica. Quasi
tutti brani vecchi, pochissimi di recente incisione perché ad oggi, tranne
qualche particolare registrazione, la loudness war regna sovrana negli studi
di masterizzazione e mixaggio. Ogni brano sotto elencato ha qualcosa di
distintivo e caratteristico secondo un mio canone di riferimento.
VOCI FEMMINILI:
- Rachelle Ferrel - I Can Explane - Individually - (cd ripping) - DR 9
- Chie Ayado - Over The Rainbow - Your Songs - (cd ripping) - DR 13
- Adele - Hello - 25 - (cd ripping) - DR 9
VOCI MASCHILI:
- Lucio Dalla - Henna - Duvudubà - (.alac da qobuz) - DR 9
- Fausto Mesolella - Tulipani - Canto Stefano - (.alac registrazione fonè) - DR 10
- Ryan Adams - Come pick me up - Heartbreaker (.alac da qobuz) - DR 10
AEROFONI:
- Paolo Fresu - Nuvole Bianche - Cinquant’anni suonati - (.alac scaricato da qobuz) - DR 11
- Remo Anzovino feat. Roy Pacis - I’m not leaving - Fight for freedom tribute to Muhammad Alì - (.alac da qobuz) - DR 8
- Bob Reynolds - Guitar Band - Unlucky - (.alac dal sito bobreynoldsmusic.com) DR 9
PIANOFORTE:
- Tsuyoshi Yamamoto Trio - The way we were (Marvin Hamlisch) - Autumn in Seattle (xrcd ripping) - DR 13
- Nils Frahm - My friend forrest - All melody - (.alac da qobuz) - DR 12
- Brian Culbertson - Our love - Live from the inside (cd ripping) - DR 9
ORGANO:
- Solomon Burke - Fast Train - Don’t give up on me - (.alac da qobuz) - DR 8
- Deep Purple - Lazy - Machine Head - (cd ripping) - DR 9
- Black Pumas - Colors - Black Pumas - (.alac da qobuz) - DR 8
PERCUSSIONI:
- Herbie Hancock - Overture (Fascinanting Rhythm) - (cd ripping) - DR 12
- The O-zone percussion group - La Bamba - Jazz Variants - (cd ripping) - DR 13
- Mighty Mo Rogers - The Boy Who Stole The Blues - Focal JMlab cd 6/7 - (cd ripping) - DR 11
CLASSICA:
- The Snow Maiden - Dance of the Tumblers - Minnesota Orchestra / Eiji Oue - (.alac da hdtracks) - DR 10
Conclusioni: la scienza non dice cose "vere" ma dice solo cose "esatte".
Esatto dal latino exactus: “dico le cose che scendono dalle premesse che
pongo”. La scienza quindi progredisce per prove ed errori. Penso che creare
una recensione “veritiera” su un diffusore sia qualcosa di impossibile. Non
ho potuto descrivere “la verità”. In questa recensione ho provato a
raccontare qualcosa di “esatto” secondo i miei riferimenti. Questa
recensione la vorrei chiamare “storica” e quindi non “scientifica”, anche
perché non si tratta di un prodotto appena uscito. Lo è in quanto anche
nell’alta fedeltà, come in altri campi del sapere, dobbiamo distinguere
memoria e storia: la memoria è parziale, soggettiva, spesso intima perché
derivata da ricordi ed esperienza personali. La storia, all’opposto, è
il tentativo di superare le tante vicende singole, di inquadrarle in un
contesto, di riconoscere anche la complessità e le mille sfaccettature del
reale. In qualche modo, memorie e storia sono antitetiche. Per rafforzare
questa tesi ricordo che le variabili sono tantissime e dipendono da tutta la
catena di elettroniche che si prendono in considerazione, partendo dalle
sorgenti, passando dall’amplificazione e concludendo con i diffusori. Inoltre
non va dimenticato che non si può chiedere l’impossibile, cioè la
riproduzione vera a questi due oggetti. Perché, come ho scritto sopra, la
verità nell’alta fedeltà, come nella scienza, semplicemente non esiste.
Tornado alle premesse iniziali penso sia difficile nell’attuale mercato trovare,
con la cifra da me investita, un prodotto così performante. Il tempo passa,
ma le grandi idee progettuali rimangono ben solide nell’immanente.
La recensione pubblicata sulla rivista Suono di NOVEMBRE 2020.